Gestione dell'emergenza sanitaria e stress lavoro correlato nei call center

A settembre 2020 l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano registra 5,06 milioni di lavoratori in smart working. Tra i settori che hanno sperimentato per la prima volta lo smart working troviamo quello dei Call Center, che si sono organizzati per mettere in sicurezza i lavoratori e permettere loro di lavorare efficacemente a distanza.

Oltre a coinvolgere gli aspetti tecnologici, lo smart working ha permesso di porre maggiore attenzione agli aspetti legati all’equilibrio vita-lavoro, generando sia effetti positivi sul benessere delle persone (maggior tempo da passare con la famiglia, minore pendolarismo, etc) sia effetti di stress lavoro correlato (gestione di tante attività e richieste contemporaneamente, aumento dei carichi e dei ritmi di lavoro, riorganizzazione della routine familiare, senso di solitudine, etc).

Lo stress lavoro correlato si manifesta quando le richieste dell’ambiente eccedono le capacità delle persone di affrontarle. A tal proposito, il d.lgs 81/2008 regolamenta il modo in cui le aziende debbano svolgere azioni preventive come la valutazione dei rischi di stress in azienda e, conseguentemente, interventi per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori.

Il settore delle telecomunicazioni è da sempre considerato ad alto rischio per gli aspetti connessi allo stress. In questo ultimo anno gli operatori di call e contact center sono stati in prima linea nella gestione dell’emergenza sanitaria che stiamo affrontando: il numero di chiamate effettuate dai cittadini ai numeri verdi per avere informazioni sulla gestione domestica dei positivi o le chiamate effettuate dai customer care per il tracciamento dei contatti hanno in molti casi superato le capacità del personale di far fronte alla mole di lavoro.

Alle cause comuni di stress lavoro correlato si aggiungono tutta una serie di nuove criticità legate alla gestione della tecnologia e all’organizzazione del proprio lavoro a distanza. Tra i fattori più frequenti di “tecnostress” riportiamo:

  • Information overload: l’essere esposti costantemente ad un eccesso di informazioni può provocare un sovraccarico cognitivo che rende più difficile l’assimilazione di nuove informazioni e la capacità di mantenere alta l’attenzione per periodi prolungati di tempo;
  • Multitasking: comunicazioni frammentarie nel gruppo di lavoro rendono più probabile la richiesta di gestire più attività nello stesso momento, aumentando la probabilità di errori e l’insorgere di ansia e iperattività;
  • Iperconnessione: la mancanza di una netta distinzione tra vita privata e vita lavorativa fa sì che spesso i dipendenti si sentano sempre connessi, obbligati a rispondere a qualsiasi orario per essere percepiti come produttivi ed efficienti, con enormi difficoltà a staccare completamente la spina;
  • Zoom fatigue: stress generato dal fatto di guardare continuamente la propria immagine in video. Osservare il proprio volto mentre si interagisce con altri può infatti essere fonte di distrazione, e portare a un eccesso di preoccupazione per come gli altri ci vedono e percepiscono.

Lungi dall’essere lo smart working una parentesi legata all’emergenza1, proprio per l’importanza che lo stress ricopre nel periodo storico che stiamo vivendo l’INAIL ha messo a disposizione sul proprio sito una piattaforma che aiuta i datori di lavoro a valutare e gestire lo stress lavoro correlato per la propria azienda2.

 

1 https://smartworking.startupitalia.eu/817-20201103-lo-smart-working-la-nuova-normalita-fine-emergenza-oltre-5-milioni-lavoratori-agili

2 https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/avvisi-e-scadenze/avviso-stress-lavoro-correlato-online-nuova-piattaforma.html

 


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